Il dolore: è proprio necessario?

Domandarsi perché quando cade la tristezza
In fondo al cuore
Come la neve non fa rumore
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Il dolore dell’anima (a volte ) semplicemente si presenta così, come in questi versi famosi  di Battisti. Le cose sembrano andare bene, le nostre giornate procedono con spensieratezza. Poi un giorno,  qualcosa cambia. Ci accorgiamo  che un sentimento cupo si sta facendo strada in noi.

Il dolore rappresenta il mezzo attraverso cui l’organismo ci segnala che c’è qualcosa che non va, che siamo di fronte ad un potenziale problema. Sebbene si tratti di un importante campanello d’allarme, quando tale esperienza si protrae nel tempo, mantenendosi continua ed intensa, può trasformarsi in un vero problema.

La definizione di dolore della IASP (International Association for the Study of Pain) mette in rilievo la sua componente esperienziale e cognitivo/affettiva, infatti lo definisce “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno”.

In questo caso parliamo di sofferenza emotiva, un’esperienza legata alla natura umana. Non esiste età o condizione che possa proteggere dall’incontro con la frustrazione, sempre legata al divario fra bisogni e desideri e ciò che la realtà impietosamente rimanda.

Cosa ci accade? Raccolti nei nostri pensieri, piano piano non sentiamo più la gioia di incontrare le altre persone. L’interesse per il presente e per il futuro si spegne gradualmente. Talvolta, magari guardando da una finestra, ci rendiamo conto che non stiamo guardando veramente.

E così il dolore dell’anima, semplicemente, “cade in fondo al nostro cuore”. Con delicatezza, senza far rumore. E torna a farsi strada in noi quel sentimento a cui ancora non sappiamo dare un nome, ma ne riconosciamo il tocco, perchè ha accarezzato spesso le aree più sensibili delle nostre emozioni, fin dall’infanzia.

A volte è un vero e proprio malessere, un dolore interiore. A volte è solo uno stato di lieve deflessione del tono dell’umore, che tende però con facilità a seguire la sua via di minor resistenza. Tende cioè a scivolare verso aree di grigiore emozionale sempre più intenso. Se ci arrendiamo al suo invito, se consentiamo al dolore dell’anima di assumere il controllo, la tristezza può mutare facilmente in qualche forma depressiva.

Questa condizione riguarda solo un disagio di tipo esistenziale, e non con una patologia. Occorre però venir guidati da mano esperta, come un* psicoterapeuta, per una presa di coscienza più profonda sul senso della propria esistenza, sul proprio posto nel mondo e sulla natura della realtà che ci circonda. In psicoterapia si riesce a fare percorsi straordinari di consapevolezza per riuscire a vedere anche il dolore in modo diverso.

Riuscire ad apprezzare nuovamente le piccole cose della vita, al di là del proprio io e delle sue vicissitudini più o meno fortunate, consente di allargare la visuale e di trascendere la sofferenza individuale.

Il dolore esiste e vive in luoghi segreti nell’anima, ed è da lì che agisce, che sussulta o grida per farsi notare, per dirci che c’è, ma non per scavarci ancora dentro nuove sofferenze o malesseri sotterranei, in cui farci smarrire come dentro un labirinto, bensì per stimolarci a trovare una nuova via, per trasformarsi e trasformarci in qualcosa di nuovo, di più sano.

Ricordatevi: c’è sempre una via d’uscita al dolore dell’anima.